Contributo allo studio per i futuri medici del VCO a.a. 2024/25

Siamo lieti di informarVi che la Fondazione Livia e Vittorio Tonolli di Verbania anche quest’anno ha istituito un concorso per l’assegnazione di due assegni di supporto allo studio, ciascuna del valore di €1500, destinate agli studenti del VCO che hanno superato il test di ammissione alla facoltà di Medicina e risultano regolarmente iscritti al primo anno accademico 2024/25 di una Università italiana.

Elogio della capacità di arrossire

a cura di: Fabio Gabrielli, Professore di Antropologia filosofica e Preside della Facoltà di Scienze umane della L.U. de S. Lugano

«La perdita della relazione umana (spontanea, reciproca, simbolica) è il fatto fondamentale delle nostre società. È su questa base che si assiste alla reiniezione sistematica di relazione umana – sotto forma di segni – nel circuito sociale e al consumo di questa relazione significata, di questo calore umano significato. L’hostess accompagnatrice, l’assistente sociale, l’ingegnere in relazioni pubbliche, la pin-up pubblicitaria, tutti questi apostoli funzionari hanno per missione secolare la gratificazione, la lubrificazione dei rapporti sociali attraverso il sorriso istituzionale. Dappertutto si vede la pubblicità imitare i modi della comunicazione privata, intima, personale. La pubblicità si sforza di parlare alla casalinga col linguaggio della casalinga di fronte, al dirigente e alla segretaria come il suo principale o il suo collega, a ciascuno di noi come un nostro amico, come il nostro Super-io, o come una voce interiore al modo della confessione. La pubblicità produce così intimità là dove non ce n’è, tra gli uomini, tra questi ultimi e i prodotti, secondo un vero processo di simulazione».

Paesaggi del dolore e della sofferenza

a cura di: Fabio Gabrielli, Professore di Antropologia filosofica e Preside della Facoltà di Scienze umane della L.U. de S. Lugano

Come è noto il dolore e la sofferenza disegnano profili esistenziali diversi. Il dolore presuppone passività, rinvia a cause, determina un male oggettivo ed è moralmente neutro; la sofferenza implica reattività, rinvia al reperimento di un senso/non senso e, quindi, è moralmente rilevante. In altri termini, il dolore è un evento oggettivo, un accadimento tragico, sul quale la coscienza esercita una riflessione (sofferenza) improntata ad una diversificata pluralità di tonalità affettive: dallo sgomento alla rabbia, dalla rassegnazione alla compassione, passando per l’angoscia, il mistero del male, il senso incarnato della precarietà del vivere.

Le aritmie cardiache e il ruolo della clinica

Il Prof. Paolo Della Bella, Direttore del Centro di Aritmologia dell’Ospedale Universitario San Raffaele di Milano, noto per la visione clinica del problema delle aritmie cardiache e degli aspetti organizzativi fra medico e centri antiaritmici specializzati, ritiene indispensabile mettere ordine in un campo spesso sottovaluto dal medico pratico e quindi dal malato o al contrario sopravvalutato. Ad esempio, nell’ablazione, ignorando che essa è un superamento della farmacologia, o nel defibrillatore (ICD) in cui la sopravvivenza è tanto più elevata quanto meno interviene il defibrillatore, grazie al contributo di altri provvedimenti terapeutici associati (antiaritmici, ablazione, …).

Hanno sempre molta importanza lo stile di vita, l’equilibrio psichico e neurovegetativo del paziente in un armonico contesto etico ed economico.

“Il batticuore di notte”, è come un campanello di allarme per dirci che qualcosa forse sta cambiando nella nostra vita. ”Giuseppe Pontiggia nel Giardino delle Esperidi

Intervista al prof. Paolo Della Bella

A cura di Giuseppe Riggio e Eros Barantani

L’aritmia notturna spesso è il primo campanello d’allarme della fibrillazione atriale. 

A 50 anni c’è un elevato rischio di scompenso cardiaco e di embolia e forse non è necessario ricorrere all’ablazione ma è necessario pensare ad una “campagna di coscienza” e valutare quale sia la patologia che sta alla base dell’aritmia. Quindi, controllo clinico (ipertensione arteriosa, obesità,… ), ecografia, Holter con dispositivi impiantabili di piccole dimensioni in modo da scegliere fra terapia farmacologica o ablazione. Frequenti episodi di fibrillazione atriale in cuore sano ci debbono far pensare a una patologia dell’atrio (miocardiopatia atriale) favorita dalla sottovalutazione dell’aritmia e dall’aver ignorato l’ablazione.

E’ necessario prendere coscienza che vi sono aritmie legate a fattori concomitanti come l’obesità di alto grado ed è utile organizzare un ambulatorio per il controllo del peso in collaborazione con i colleghi cardiologi.

Sappiamo che raramente (nel 5% dei casi) si può favorire una disfunzione del ventricolo sinistro, in ogni caso l’elevata frequenza di una extrasistolia è mal tollerata e la individuazione di un focolaio aritmico mediante uno studio elettrofisiologico e un adeguato mappaggio è la metodologia più corretta per prevenire alterazioni di maggiore rilevanza.

In fase iniziale il trattamento etiologico è importante ed è da prediligere la biopsia miocardica e poi la terapia immunosoppressiva o antivirale; la decisione è interdisciplinare poiché una miocardite trascurata diviene miocardiopatia dilatativa. E’ importante il collegamento con il gruppo di Padova e Trieste per un percorso comune, multidisciplinare con aritmologi, elettrofisiologi, cardiologi-chirurghi per la fibrillazione atriale, con l’obiettivo di una terapia personalizzata come al San Raffaele.

La preferenza in questi contesti va alla terapia con ablazione che nell’ 80/85% dei casi è superiore a qualunque altra terapia cardiologica evitando in tal modo la dipendenza dal farmaco; se il paziente ha già cseguito altre terapie la parola va alla tecnica. Quando vi è sintomatologia è necessario ricorrere ad uno studio elettrofisiologico, mappaggio, ablazione. Nelle gravi tachicardie ventricolari vi sono dati che documentano effetti inotropi negativi dei farmaci: il cordarone in classe funzionale II è utile, in classe funzionale III aumenta la mortalità, ma si è costretti ad una interruzione al primo anno nel 18% dei casi per problemi seri di ipertiroidismo, fibrosi polmonare; in questi casi vi è indicazione all’impianto del defibrillatore per risolvere il problema della morte improvvisa. Non vi sono altre terapie con impatto così drammatico, ma il defibrillatore se interviene più volte aumenta la mortalità, peggiora la sopravvivenza; se le strategie applicabili aumentano esse vanno seguite. La sovrapposizione di terapia farmacologica al defibrillatore riduce il numero di shock, il betabloccante lo riduce del 50% e il defibrillatore, nato come shock box, dispone ora di strumenti per riconoscere tachicardie ventricolari più lente, e intervenire a varie frequenze: con frequenze superiori a 200 il numero di shock si riduce in modo da favorire la regressione dell’aritmia in pochi secondi. Si può ricorrere all’ablazione contemporaneamente o successivamente all’impianto del defibrillatore e, in quest’ultimo caso, l’ablazione non è seguita da aumento di mortalità.

– non sottovalutare la fibrillazione atriale, indipendentemente dalla etiologia, per i danni che essa provoca, particolarmente i danni celebrali (deficit cognitivo);
– non sottovalutare l’ablazione vista come strumento di terapia prioritario rispetto alla terapia farmacologica;
– non ritenere che il defibrillatore (ICD) sia la soluzione delle gravi aritmie ventricolari per il ruolo positivo della associazione farmacologica e della ablazione che evitano i danni indotti da frequenti interventi del defibrillatore

Medicina personalizzata: un esempio nella terapia dei tumori

a cura di: Silvio Garattini, Direttore, IRCCS, Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri”, Milano

Il sogno di una medicina personalizzata non è nuovo. Da sempre si ritiene che ci si debba prendere cura dell’ammalato e non della malattia, riconoscendo che le malattie sono una semplificazione diagnostica di una situazione eterogenea. Con il tempo e con lo sviluppo delle tecnologie e delle conoscenze, si sono fatti molti tentativi. Ad esempio, la possibilità di misurare le concentrazioni dei farmaci nel sangue ha permesso di stabilire che la stessa dose dello stesso farmaco dava luogo in differenti soggetti a concentrazioni ematiche molto differenti. Ciò ha fatto pensare alla possibilità di cambiare la dose a seconda della concentrazione ematica per personalizzare il trattamento. I cambiamenti di dose hanno permesso di ottenere qualche risultato positivo, ma in realtà si è poi osservato che eguali concentrazioni di farmaco non permettevano di ottenere una omogeneità di effetti terapeutici.