Luglio 1965, esame di maturità scientifica. Il ricordo è ancora vivo, il liceo ha lasciato in me un segno indelebile e forse il vero anno della maturità personale è stato il quarto, il penultimo del corso liceale durante il quale lo studio della letteratura italiana e latina e lo studio della storia e della filosofia erano entrati nel mio animo di studente adolescente così come le equazioni risolventi della matematica. Luglio 1965. L’esame scritto prevedeva italiano, latino con versione solo dal latino, matematica, tedesco e storia dell’arte (di sabato in modo tale che chi avesse dovuto rispettare il riposo del sabato poteva recuperare la prova che cola prnsisteva in una copia dal vero e una domanda di storia dell’arte, unica prova non identica sul piano nazionale ma scelta dalla commissione d’esame). L’orale era diviso in due sessioni a distanza di una settimana l’una dall’altra: umanistica e scientifica. Dell’esame di maturità ricordo il tema su Dante (nato nel 1265 e l’esame 1965), ricordo lo scritto di tedesco (la traduzione la facemmo in due, Paolo Gromme e io e poi passammo il testo a tutta la classe, Paolo Gromme ora è sindaco di Quarna Sotto, un comune di 399 abitanti sopra il lago d’Orta, con 124 voti contro i 119 dello sfidante), ricordo l’orale di tedesco durante il quale l’insegnante dopo aver verificato che parlavo di letteratura in tedesco in modo abbastanza naturale e dopo avermi teso un tranello identico a quello presente nel testo scritto e da noi tradotto male, mi accusò di aver “passato” la traduzione a tutta la classe ma infine sul tabellone finale comparve un bel 8. Una interrogazione mi è rimasta impressa.
“La professoressa di Scienze mi propose un quesito appropriato per l’esame: secondo lei esiste vita al di fuori del nostro pianeta? Indugiai solo pochi secondi e poi risposi che secondo me non esiste vita.”
E per quale motivo? Incalzò la professoressa. Dopo cinque anni di Liceo Scientifico tra il 1960/61 e il 1964/65 e dopo tale intervallo di tempo ricco di conoscenza positiva in campo umanistico e scientifico e in una fase di crescita del nostro paese in libertà assoluta di pensiero e in una fase positiva del mondo lanciato già dal 1957 alla conquista dello spazio, nulla sembrava opporsi ad acquisizione di informazioni universali e quindi sostenni che qualche segnale anche indiretto anche remoto lo avremmo ricevuto e i nostri insegnanti ci avrebbero dato qualche informazione in proposito; quindi per me non esisteva vita al di fuori del pianeta Terra. A distanza di anni penso talvolta a quella interrogazione e a quella domanda di “maturità”; domanda giusta, al di fuori di ogni programma che in realtà era molto esteso per l’esame di allora, così esteso che era impossibile ripassarlo completamente per l’interrogazione, ma gli insegnanti che ci interrogavano erano persone intelligenti e cercavano di verificare non l’acquisizione della nozione ma l’acquisizione di un metodo che ci consentisse di esaminare la realtà e di affrontare letture e problemi con buon discernimento critico.
“Quella domanda non doveva però pormela a 18 anni, me la avrebbe dovuta presentare molti anni più tardi quando avrei acquisito una maturità di uomo segnata maggiormente dalla conoscenza e dalla riflessione; avrebbe dovuta pormela oggi che ho settant’anni e quindi avrei potuto darle una risposta compiuta.”
Qualche anno fa, in una serata di ottobre con il cielo sereno, un amico mi propose di guardare con un buon binocolo il cielo e di cercare la galassia di Andromeda, la galassia più vicina a noi che ha una composizione simile alla galassia alla quale appartiene la Terra; vicina relativamente poiché dista circa 2,538 milioni di anni luce dalla Terra, in direzione della costellazione boreale di Andromeda ed è costituita si pensa da un bilione di stelle (mille miliardi di stelle).
Provate a guardare il cielo in una notte limpida dell’autunno e cercate la costellazione di Andromeda e in particolare la stella Mirach e proseguendo in direzione nordovest arrivate ad individuare una macchia a forma di fuso; la luce che vedrete è partita circa due milioni e mezzo di anni fa quando sulla terra vi erano rappresentanti del genere Australopiteco.
La mente così si perde, in quella galassia con un bilione di stelle ci sarà anche un sole forse e anche dei pianeti e chissà che non ci possa essere qualche forma di vita e poi qualche forma di vita simile alla nostra.
E noi allora chi siamo? Di che pasta siamo fatti? Perché siamo venuti al mondo? Certo siamo nati per un espresso desiderio dei nostri genitori o forse non siamo nemmeno stati desiderati ma siamo stati sicuramente accettati e allora avrebbero dovuto interpellarci e chiederci se volevamo venire al mondo. Mi piace pensare che se mi avessero interpellato avrei accettato di nascere indipendentemente da ciò che sono stato realmente in questi settant’anni e quindi accettato di nascere non a ragion veduta, mi piace pensare che avrei accettato di nascere in qualunque parte del pianeta anche in una parte poco sviluppata, pur di nascere e di essere nel mondo; certo guardando il mappamondo è difficile trovare un luogo più bello dell’Italia, bella da vedere su qualunque cartina, bella per il suo clima determinato dalla sua posizione a metà strada fra il polo e l’equatore e poi bella per tutta la sua storia. Penso anche a chi non desiderato poi non è stato accettato…e non è stato interpellato…interrogato se accettava di venire al mondo o meno…ne abbiamo persi e ne perdiamo un numero rilevante…da un massimo 234.593 nel 1982 a un minimo di 97.535 del 2014 ma bisogna tener presente che nel 2012 sono state vendute 400.000 confezioni di “pillole del giorno dopo”…dal 1978 al 2014 il numero totale di aborti è stato 5.642.070.
Chissà chi erano costoro, chissà che cosa sarebbero diventati nella vita: forse dei malviventi, dei terroristi oppure forse tra loro un genio che avrebbe potuto migliorare le sorti dell’umanità con le sue intuizioni; non ci capita forse di vedere esempi di tale genere negativi o positivi tra gli uomini che popolano la nostra nazione, l’Europa o il mondo? Il calcolo delle probabilità…come per il bilione di stelle…
Così guardando la galassia di Andromeda in una notte di ottobre tutto diventa possibile, in fondo quella galassia è solo una piccola parte dell’Universo, lì o altrove nell’Universo potrebbe esserci vita; allora il pensiero si intontisce, rimane ammirato e confuso, diviso fra quello che potrebbe essere del nostro vivere: l’Assurdo oppure il Mistero di Dio. Aveva allora ragione Blaise Pascal? Scienziato e filosofo cristiano vissuto nel Seicento sosteneva che vale la pena di scommettere sull’esistenza di Dio perché: 1) se Dio esiste, si ottiene la salvezza 2) se sbagliamo, si è vissuta una vita lieta rispetto alla consapevolezza di finire in polvere.
Oggi, se la Professoressa della Maturità mi ripetesse la domanda…Ora sì, saprei cosa dire e, dopo una pausa di riflessione, le risponderei: “Non lo so, non lo so!”.